Nel costone sottostante la Chiesa di San Pietro de Arenula, lungo il vecchio sentiero che collegava Monte San Giovanni Campano con Colli, sorge la monumentale fontana “Canale” e presso di essa scorre il “Riuccio”, ruscello che dalla sovrastante sorgente “Mendrella” scarica le acque nel torrente Amaseno.
Per i visitatori che si attendono una semplice fonte la sorpresa è grande, la struttura del canale appare maestosa, realizzata in pietra locale, con tre archetti nella larga facciata in corrispondenza degli ex tre serbatoi ed alla cui base sgorgano tre cannelle che versano le limpide acque in grandi fontanili di pietra.
Già nel 1274 in un atto di vendita venne citata la località “Collis de Canale” e nel 1553 nell’atto matrimoniale di tale Cintia di Cicco Dante viene citata nell’atto della dote anche da un terreno con quattro ulivi in “ contrada que dicitur lo collo dello canale”.
In una delibera comunale del 1725 risulta che furono eletti due delegati per “astringere i paesani a condurvi la puzzolana e altro”, materiali occorrenti per il completamento di lavori di manutenzione. Si presume che tali lavori si resero necessari per l’aumento demografico della popolazione che fino allora avevano privilegiato per comodità la Fontana Magna, soprattutto per la maggior vicinanza con il centro abitato, ma con l’aumento della popolazione si rese necessaria una migliore e maggiore fruizione della Fontana Canale ed al termine dei lavori il Governatore Andrea Bonifazi presenziò all’inaugurazione della “noua Fontana del Canale, così ben fatta”.
Dopo cinquant’anni, nel 1765 la municipalità decise un nuovo intervento ma soltanto nel 1797 si trovano documenti che riguardano una “selciata avanti i Fontanili. …”all’acquedotto”…e a tre cannelle”. Anche nel 1801 il Consiglio comunale si interessò dello stato di Fontana Canale e dell’urgente necessità di riparazioni. Nel 1835 il Gonfaloniere Mobilj dichiarò che al termine dei lavori nella Fontana Canale un solo “bottino” alimentava 2 le tre vasche utilizzate come abbeveratoio e lavatoio presentando comunque l’inconveniente dell’abuso delle lavandaie che “lordavano indistintamente le vasche con degli escrementi che non risparmiavano quelle riservate alle bevande degli animali” e consigliando di stabilire pene pecuniarie e corporali per fermare gli abusi delle lavandaie.
Bibliografia:
D.Atanasio Taglienti : Monte San Giovanni Campano – Canneto – Strangolagalli alla luce delle pergamene 1995 Casamari;
Fulgido Velocci :Glie Canale , storia di una fontana.
Archivio di Stato di Frosinone